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Beato Carlo Acutis, l’influencer di Dio

“Gesù è il mio grande amico e l’eucarestia la mia autostrada per il cielo”

Pavel A.Florenskij, in un suo libro recentemente pubblicato in italiano (“La filosofia del culto”) dice che è solo l’unicità delle persone che ci permette di essere ancorati al tempo (e non lasciarlo scivolare indifferenziato). Così il trascorrere dell’esistenza si fa santo per il nesso con le persone sante, che con le loro energie attestano l’eternità per esperienza diretta, testimoni convincenti e credibili che ci permettono di scorgere un riflesso dell’eternità, perché per contatto diretto con ciò che è Eterno sono trasfigurati. In tal modo ci consentono di pregustare la Bellezza di ciò che dura e conferiscono un senso anche al nostro consueto passare di giorni e stagioni. Bisogna anche riconoscere che oggi sono il vero antidoto a quella forza oscura che più di ieri ci svuota dal di dentro, ci rende inermi, ci toglie il gusto del vivere imparentandoci col nulla. I volti trasfigurati dei santi incontrabili ogni giorno ci rianimano, ridandoci il vigore e il gusto dell’Essere più forte del nulla. È il contraccolpo immediato dell’ammirazione: ce ne accorgiamo subito, ci fa rialzare lo sguardo! Poi sta alla nostra libertà mettere i nostri passi su quella strada o proseguire sulla nostra.

Carlo Acutis, un beato così vicino a noi

Per questo, all’inizio di un nuovo anno (era il 2017) avevo scelto per il bollettino un giovane testimone della nostra terra, del quale i vescovi lombardi avevano appena concluso la fase diocesana del processo di beatificazione (anche se i giornali ne avevano dato ben scarse notizie), che ne aveva fatto già un “servo di Dio”. Carlo Acutis è così prossimo a noi – possiamo averlo incontrato a messa, per le strade di Milano o in ospedale – da costituire un richiamo al fatto che alla santità, cioè al compimento dell’umano, siamo chiamati tutti e proprio nelle circostanze che il Signore ci dà da vivere a patto che, come San Pietro, rispondiamo: sì, Signore, tu lo sai che io ti amo… perché tu mi ami così tanto da attrarmi a te con tutto il cuore!

Domani, 10 ottobre,Carlo sarà beatificato ad Assisi, dopo un miracolo riconosciuto dalla Chiesa, la guarigione di un bambino in Brasile, e i tanti altri miracoli di persone che si sono per lui riavvicinate alla fede. Alla vigilia della sua beatificazione vale la pena rifarne memoria, perché se la Chiesa si preoccupa di questi complessi processi di riconoscimento certo non è per Carlo ma per noi. La Chiesa si preoccupa di indicarceli per additarci dove guardare in questo tempo difficile e pieno di una forza oscura che ci trascina verso il nulla, ma anche segnato da una provocazione inedita in cui percepire la nostra fragilità e le grandi domande radicate nel nostro cuore come la pandemia in corso. Ci addita alcuni perché ci occorrono, contribuiscono a farci ritrovare il gusto del vivere facendoci vedere una umanità così diversa, così ammirabile da suscitare invidia e da farci desiderare di trattare le cose e le persone come loro. E il cristianesimo si trasmette solo per invidia!

“Signora, suo figlio è speciale!”

Carlo nasce il 3 maggio 1991, a Londra, dove i suoi genitori, Andrea e Antonia, si trovano per lavoro. Nel settembre 1991 rientrano a Milano, la loro città. Va a scuola dalle Suore Marcelline e poi al liceo classico Leone XIII dai Gesuiti. Si rivela molto presto un bambino solare, affettuoso e geniale. Ama la realtà tutta: il mare, i viaggi, le conversazioni, fa amicizia con i domestici di casa, è aperto a tutti e a tutti rivolge saluto e parola. Parla con i nobili e con i mendicanti che incontra per strada. Nessuno è mai escluso dal suo cuore davvero buono. Tante volte sua madre si è sentita dire “signora, suo figlio è speciale”: dal prete della parrocchia, dagli insegnanti, dai compagni di classe, dal portinaio dello stabile in via Ariosto, dove si sono trasferiti nel 1994. Un ragazzino normale – vivace, con tanti amici e una grande passione per l’informatica – ma speciale. Quell’eccezionalità ha un nome: Gesù, che è il suo grande Amico. La mamma se ne accorge fin da quando Carlo, piccolissimo, passando davanti alle chiese chiede di entrare a fare un saluto a Gesù. Poi scopre che legge la vita dei santi e la Bibbia. La famiglia non frequenta assiduamente la chiesa, ma, ricorda la mamma, “quel mostriciattolo faceva domande profonde a cui io non sapevo rispondere. Rimanevo perplessa per quella sua devozione. Era così piccolo e così certo. Capivo che era una cosa sua, ma che chiamava anche me. Così ho iniziato il mio cammino di riavvicinamento alla fede. L’ho seguito”.

Un solo desiderio: la santità

A 7 anni, Carlo chiede di poter ricevere la Prima Comunione. Monsignor P. Macchi, dopo averlo interrogato, garantisce la maturità e la formazione cristiana del bambino e fa un’unica raccomandazione: che la celebrazione si svolga in un luogo raccolto, senza distrazioni. È per questo che il 16 giugno 1998 riceve l’Eucaristia nel silenzio del monastero della Bernaga, vicino a Lecco. Carlo continua la sua vita di ragazzo ma ha ora un punto fermo: la messa quotidiana, perché “l’Eucaristia – dice – è la mia autostrada per il Cielo”. Si confessa frequentemente perché “come la mongolfiera per salire in alto ha bisogno di scaricare i pesi, così l’anima per levarsi al Cielo ha bisogno di togliere anche quei piccoli pesi che sono i peccati veniali”. Parole semplici, di un ragazzino che ha il desiderio di stare con quell’Amico al quale è profondamente affezionato e che vuole fare conoscere a tutti. Con l’adolescenza arriva anche il rosario quotidiano e l’adorazione eucaristica, convinto com’è che quando “ci si mette di fronte al sole ci si abbronza… ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia, si diventa santi”.

La santità è il suo il suo vero obiettivo, la molla che lo fa stare in modo “diverso” a scuola, in pizzeria con gli amici o in piazzetta per la partita di pallone. A tutti regala il suo “kit per diventare santi”, che contiene: un desiderio grande di santità, messa, comunione e rosario quotidiano, una razione giornaliera di Bibbia, un po’ di adorazione eucaristica, la confessione settimanale, la disponibilità a rinunciare a qualcosa per gli altri. Così per lui è normale cercare amici anche in cielo; nel suo sito internet c’è la sezione “scopri quanti amici ho in cielo”, dove compaiono i santi “giovani”, quelli che hanno raggiunto la santità in fretta.

I mass media al servizio del Vangelo

Sorprendente in lui una conoscenza della Fede fuori dal comune e una maturità missionaria stupefacente per la sua età: una intensa passione per i lontani dall’amore di Gesù, un amore alla Chiesa e al pontefice e una dedizione alla Madonna fino a condividerne l’amore alla salvezza delle anime. Tutto ciò concretamente vissuto nel quotidiano. Carlo spesso si offre, prega e ripara i peccati e le offese compiute contro il Cuore di Gesù, che sente vivo e palpitante nell’ostia consacrata. Apprezza l’intuizione del Beato Giacomo Alberione di usare i mass media a servizio del Vangelo. Il suo obiettivo è quello dei missionari più veri: raggiungere quante più persone possibili per far loro conoscere la bellezza e la gioia dell’amicizia con Gesù; prende come modello San Paolo, l’apostolo delle genti, che impegna tutto se stesso per portare il Vangelo a ogni creatura, fino al sacrificio della vita. È vero figlio della Chiesa per la quale prega e offre. Prega spesso per il Papa del quale segue il magistero con passione. Stupisce sia il suo parroco sia i religiosi e le persone che incontra; chi lo avvicina se ne va con una certezza di fondo: Gesù è davvero l’unico Salvatore atteso dall’umanità anche oggi e il solo che sa riempire il cuore dell’uomo.

I computer, i film, i cani: Carlo, testimone dell’Eternità che non dimenticava di essere un ragazzo

È impossibile parlare di Carlo senza considerare la sua forte devozione alla Madonna: è affascinato dalle sue apparizioni a Lourdes e a Fatima e ne vive il messaggio di conversione, penitenza e preghiera. Tra i “suoi” santi, predilige Santa Bernardette Soubirous e i Pastorelli di Fatima, dei quali spesso parla. È impressionato dal racconto della visione dell’inferno, come riferito da suor Lucia di Fatima, e pertanto decide di aiutare più persone possibili a salvarsi l’anima. In un mondo chiuso alla grande Verità della fede, Carlo scuote le coscienze e invita a guardare spesso all’Aldilà. In famiglia, nella scuola, in mezzo alla società, diventa testimone dell’Eternità. È convinto di non invecchiare; “Morirò giovane”, ripete, ma intanto riempie la sua giornata di vorticosa attività: con i ragazzi del catechismo, con i poveri alla mensa Caritas, con i bambini dell’oratorio. Tra un impegno e l’altro trova ancora il tempo per suonare il sassofono, giocare a pallone, progettare programmi al computer, divertirsi con i videogiochi, guardare i film polizieschi, girare filmini con i suoi cani e gatti. Oltre naturalmente a studiare, perché frequenta con profitto il liceo.

Ha un carattere forte, dirompente. La sua passione per il computer lo porta a studiare nuovi programmi. È veramente dotatissimo per tutto ciò che è legato al mondo dell’informatica, tanto che dei laureati in ingegneria informatica lo considerano un genio e restano meravigliati dalla sua capacità di capire i segreti dell’informatica. Gli interessi di Carlo spaziano dalla programmazione dei computer, al montaggio dei film, alla creazione dei siti web, ai giornalini di cui fa la redazione e l’impaginazione. Ama giocare (ma mai più di un’ora alla settimana per non perdere il tempo!) alla Play Station con gli amici e da loro è amato, per l’allegria mai banale che sa portare nella compagnia. Così, anche chi lo deride, finisce per subirne il fascino e per lasciarsi attrarre da lui. A scuola è amico di tutti, ma soprattutto di chi ha bisogno. I suoi compagni lo cercano. Chiedono consigli, aiuto. Con lui si sta bene, c’è qualcosa in lui che attrae. Eppure non è uno che segue le mode: anzi si arrabbia quando la mamma vuole comprargli un secondo paio di scarpe. Semplicemente non gli interessa.

Una Fede contagiosa

Non nasconde mai cosa lo rende felice: invita anche i suoi compagni ad andare insieme a messa, a riconciliarsi con Dio. Su un quaderno scrive: “La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio. La conversione non è altro che spostare lo sguardo dal basso verso l’alto. Basta un semplice movimento degli occhi”. Nel quartiere lo conoscono tutti. Quando passa in bicicletta si ferma a salutare i portinai, molti sono extracomunitari, musulmani, induisti. A tutti racconta della sua fede. E loro ascoltano quel ragazzino così simpatico e affabile. A pranzo fa mettere nei contenitori il cibo che avanza per portarlo ai clochard della zona. A casa, come collaboratore domestico c’è Rajesh, induista, bramino. Tra lui e Carlo nasce un’amicizia profonda fino al punto che l’uomo si converte e chiede di ricevere i sacramenti. Racconta Rajesh: “Mi diceva che sarei stato più felice se mi fossi avvicinato a Gesù. Mi sono fatto battezzare cristiano perché è stato lui che mi ha contagiato con la sua profonda fede, la sua carità e la sua purezza. L’ho sempre considerato fuori dal normale perché un ragazzo così giovane, così bello e così ricco normalmente preferisce fare una vita diversa”. Ma per Carlo anche i soldi non si possono sprecare. Con i risparmi compra un sacco a pelo per il barbone che vede quando va a messa in Santa Maria Segreta. Oppure li dona ai Cappuccini di viale Piave, che servono i pranzi per i senzatetto.

“Devono poter vedere”

Nel 2002 accompagna i genitori al Meeting di Rimini per ascoltare l’incontro di un amico sacerdote relatore in una presentazione del Piccolo Catechismo Eucaristico. Rimane affascinato dalle persone e dalle mostre che vede. E gli viene l’idea: fare una mostra sui miracoli eucaristici perché così la gente si sarebbe resa conto che davvero nell’ostia e nel vino consacrato ci sono il corpo e il sangue di Cristo ed è quindi realmente possibile incontrarvi l’Amico. Diceva: “Devono poter vedere”. Così si mette subito all’opera: si documenta, chiede ai genitori di accompagnarlo in giro per l’Europa a reperire materiale fotografico, coinvolge tutti, “esaurisce” tre computer. Tre anni dopo la mostra è pronta e comincia a essere richiesta dalle Diocesi di tutto il mondo (www.miracolieucaristici.org). Il computer con la sua mostra è diventato il suo andare per le strade del mondo, come i primi discepoli di Gesù, a portare nei cuori e nelle case l’annuncio della pace vera. Nell’estate 2006, in vacanza, Carlo chiede alla mamma se secondo lei deve farsi sacerdote e la risposta della mamma è semplice: “Lo capirai da solo. Dio te lo farà capire”.

La malattia e la morte

Ai primi di ottobre Carlo si ammala, proprio mentre ha appena ultimato un video cui tiene molto con delle proposte di volontariato per gli studenti del Leone XIII. La proiezione è il 4 ottobre, ma lui non ci può andare perché è malato. Pochi giorni dopo è ricoverato al San Gerardo di Monza. La diagnosi è leucemia acuta promielocitica, forma che ha un alto rischio emorragico nei primi giorni. Varcando la soglia dell’ospedale dice alla mamma: “Da qui non esco più”. Pochi giorni prima aveva detto ai genitori: “Offro le sofferenze che dovrò patire al Signore per il Papa e per la Chiesa, per saltare il Purgatorio e andare diritto in Paradiso”. Le sofferenze arrivano. Ma all’infermiera che gli domanda come si sente risponde: “Bene. C’è gente che sta peggio. Non svegli la mamma che è stanca e si preoccuperebbe di più”. Cerca la guarigione perché ama la vita, ma sorride alla morte come all’incontro con l’Amato. Chiede l’Unzione degli infermi. Muore, offrendo la sua vita per il Papa e per la Chiesa, con un sorriso straordinario il 12 ottobre 2006. Viene sepolto ad Assisi, la città di San Francesco che più di altre amava e nella quale andava sempre volentieri. Il giorno del suo funerale chiesa e sagrato sono strapieni. Racconta la mamma: “Ho visto gente mai vista prima; clochard, extracomunitari, bambini… Tante persone che mi parlavano di Carlo, di quello che lui aveva fatto e di cui io non sapevo niente. Mi testimoniavano la vita di mio figlio”.

Oltre i confini, Carlo Acutis testimone di fede nel mondo

Tale testimonianza è andata oltre la morte e ha trasformato la vita di tanti. Tramite chi lo aveva conosciuto o tramite il mondo di internet. Alla famiglia arrivano migliaia di lettere e mail che chiedono di sapere di più di quel ragazzo speciale. In una si legge: “Ho visitato la chiesa di San Frediano a Firenze e sono stato colpito dall’immagine di Carlo che stava quasi ad aspettarmi. Non ho potuto fare a meno di avvicinarmi per leggere la storia di un ragazzo al quale sono bastati 15 anni di vita per lasciare una traccia incancellabile su questa terra”. O un coetaneo, che non lo ha mai conosciuto che scrive su Facebook: “Carlo è vissuto in una famiglia molto abbiente per cui nulla gli avrebbe impedito di vivere in modo agiato. Invece ha sempre mantenuto quel tenore di vita e di pensiero “povero”, aperto agli ultimi, altruista verso chiunque; non è poco nel nostro pianeta”. Per tanti giovani diventa un esempio di come è possibile vivere la fede.

Qualcuno racconta la propria conversione. E la mostra arriva ai confini della terra: Cina, Russia, America latina. Negli Stati Uniti, grazie all’aiuto dei Cavalieri di Colombo, è ospitata da migliaia di parrocchie e oltre 100 università.

Quale è stata la specificità di Carlo? Avere accolto e amato la preferenza di Gesù alla sua storia particolare, vivendo profondamente dentro il mondo di oggi, tanto che rischia di diventare il patrono del web e protettore di tutti i cybernauti. E già abbiamo un valido intercessore in questo ragazzo di 15 anni, “patito” di internet, ma convinto che il web debba diventare “veicolo di evangelizzazione e di catechesi”. Le stesse cose possono essere usate in modi ben diversi! Carlo aveva scritto: “Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie”. Certo lui ha giocato pienamente la sua originalità nel rapporto col suo Signore se, appena trascorsi i cinque anni previsti dalle norme canoniche, la diocesi milanese ha subito dato inizio all’iter del processo di beatificazione, mentre in Italia e all’estero cresce la stima per questo ragazzo che ha cercato la santità in modo straordinario nell’ordinarietà della vita dei giovani d’oggi. Come disse lui stesso realisticamente: “La nostra meta deve essere l’infinito, non il finito. L’infinito è la nostra patria. Da sempre siamo attesi in Cielo”. Per orientarsi verso questa meta e non morire come fotocopie aveva chiaro che la bussola è la Parola di Dio, con cui occorre confrontarsi continuamente e servono mezzi speciali: i Sacramenti e la preghiera.

Possa Carlo diventare per ognuno di noi testimone dell’Eternità, cioè di quel rapporto nuovo e definitivo con persone e cose che solo può bastare al nostro cuore e riaccendere quel gusto del vivere che appare spento e non dal lockdown recente ma dall’autocoscienza che ci siamo lasciati rapire: quella di chi sa che bisogna perdere la vita per trovarla e gioirne, mentre ciò che si fa solo per se stessi è buttato nel nulla, perché non può che morire.

Il miracolo in Brasile e gli altri miracoli

Carlo è venerato in tutto il mondo, ma ha un legame particolare soprattutto con il Sudamerica e il Brasile. È proprio nel Paese sudamericano infatti che è avvenuto il miracolo che, analizzato dalla Congregazione delle cause dei Santi, è stato il segno di Dio e lo porta ora alla beatificazione: un bambino nato con una malformazione congenita al pancreas è guarito, inspiegabilmente per la scienza, dopo una novena di preghiera a Carlo organizzata alla presenza dello stesso bimbo e della sua famiglia. Ma sono tantissimi i “miracoli” di ritorno alla fede che Carlo ha fatto secondo quanto racconta la madre ed è anche per questo motivo che la figura dell’adolescente è divenuta oggetto di preghiera e venerazione in tutto il mondo. La scorsa settimana c’è stato un altro segno: alla traslazione ufficiale del corpo era presente una folla di giovani silenziosi e raccolti e vi è stata anche la sorpresa dell’esecuzione per la prima volta di “Non io, ma Dio”, una canzone dedicata a Carlo composta dall’artista Marco Mammoli. Il corpo che, per il breve tempo intercorso dalla morte ha mantenuto le connessioni anatomiche pur procedendo nelle normali trasformazioni post mortem, è stato amorevolmente preparato (cera sul volto, ad esempio) per la traslazione e l’esposizione ai pellegrini (sarà visibile fino al 17 ottobre) quindi sarà sepolto ad Assisi nella basilica della Spogliazione. Il Vescovo di Assisi ha annunciato che verrà aperta a poca distanza dal Santuario della Spogliazione una mensa per i poveri.

Paola Marenco

1 Notizie liberamente tratte e modificate anche da http://www.santiebeati.it/dettaglio/93910

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