Assisi è pericolosa!
Ti prende, ti rivolta, ti spoglia mettendoti a nudo davanti a Dio così da dover ritrattare le tue credenze; ti apre gli occhi alla verità di quello che sei e ti fa riscoprire l’Amore di Dio.
Noi Adolescenti, insieme al gruppo Giovani e a don Gioel, abbiamo avuto modo di correre questo rischio nelle giornate dal 30 Dicembre al 4 Gennaio passate ad Assisi alla scoperta della figura di San Francesco e la sua chiamata all’Amore.
Per far ciò, abbiamo percorso la strada di Francesco visitando i luoghi in cui ha scoperto la sua vocazione e dove l’ha vissuta. Abbiamo ballato, cantato e ascoltato oltre una ventina di testimonianze di suore, frati e coppie sposate condividendo quanto Dio ci ha comunicato in questi giorni impegnativi e intensi, pure allegri e pieni di belle sorprese.
Abbiamo scoperto che Francesco era un ragazzo come tanti e come noi, con il comune desiderio di fama e gloria, ricchezza e divertimento ma, dopo aver tentato di realizzare questi desideri combattendo per diventare cavaliere, fu un altro sogno a destarlo, un sogno che lo spingeva a una gloria più grande, a una ricchezza immateriale e infinita. Nel Sonno una voce gli chiedeva: “Chi può giovarti di più: il padrone o il servo?” e ancora: “Perché, allora, abbandoni il padrone per seguire il servo?” Così, quando il suo cuore ascoltò quella voce, Francesco abbandonò tutti quei servi, gl’idoli che seguiva, per mettersi al servizio del vero e unico padrone, il Dio d’Amore che d’allora avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
Durante il periodo delle crociate, fu l’unico soldato senza spada né corazza a entrare in Terra Santa. Ottenne la gloria della santità, l’onore delle stigmate e una fama che ancora dura, attrazione per i molti che ad Assisi si recano per seguire la sua figura.
Il suo esempio ci ha fatto così comprendere non solo l’importanza dell’avere dei sogni, ma che solo nell’affidarci a Dio possiamo orientarli, innalzarli e compiutamente realizzarli. Più quanto ci aspettassimo, infatti: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
In Porziuncola, abbiamo gustato la dolcezza del perdono ricevendo l’indulgenza, consegnando così a Gesù la croce con il peso dei nostri errori e peccati e imparando che i nostri limiti e debolezze sono le ferite del nostro orgoglio ove entra il suo Amore di cui siamo fatti partecipi.
Dai dolci sguardi scambiati dai mariti alle mogli o ai loro figli, dalla gioia e dalle battute dei frati, dallo scoprire che anche le suore amano ballare e giocare a calcio e dall’immenso e accogliente sorriso di una monaca di clausura, abbiamo visto come la vocazione non comporta la rinuncia di chi siamo o della felicità, anzi, conduce alla sua più grande realizzazione. Queste realtà, che solitamente riteniamo lontane da noi, sono in grado di toccare persino il nostro quotidiano.
Infine anche l’esperienza di gruppo ci ha permesso di aprirci, confrontarci, conoscere meglio l’altro e noi stessi passando dei bei momenti in allegria.
Un sentito ringraziamento va al don Gioel che ci ha permesso di vivere questa eccezionale esperienza permettendoci di riscoprire il desiderio di sognare e di amare.
Nonostante i ritmi serrati e frenetici, nonostante ci sia costato fatica e pianti, questa esperienza ci ha cambiati definitivamente in meglio tanto da poter davvero dire: ne è valsa la Gioia!